Da Il Punto Torino, di Attilio Celeghini, Italia
Per i fan l’appuntamento è in libreria, con U2- The Name Of Love, il nuovo libro di Andrea Morandi, giornalista e critico musicale (scrive su Repubblica e Ciak). Un testo che si legge quasi come una sceneggiatura, con protagonisti i luoghi e i ricordi legati ai magnifici quattro di Dublino.
A chi consiglieresti il libro?
A tutti. Sarebbe riduttivo limitarlo solo ai fan perché il mio obiettivo principale durante la scrittura era proprio quello di uscire dalla nicchia degli appassionati. Nel libro ho voluto raccontare tutti i mondi che Bono e gli U2 hanno sotteso nelle loro canzoni, dal conflitto in Irlanda del Nord alla scoperta dell’America, dalle intuizioni postmoderne di “Achtung Baby” con i rimandi a Karl Popper e Jean Baudrillard alle esperienze in Salvador e Guatemala, dal frequente e costante uso della Bibbia fino alle citazioni di autori come Flannery O’Connor, Raymond Carver e Delmore Schwartz. È un libro che cerca di raccontare quante cose possano davvero esserci dentro i tre minuti di una canzone.
Come si struttura il libro e in cosa si differenzia dagli altri saggi sulla band di Dublino?
Nel libro non c’è solo musica, ma anche storia contemporanea, filosofia, letteratura, geografia e sociologia, è un volume che non è affatto unicamente musicale ma può essere letto come il romanzo di formazione di un ragazzo di Dublino, Paul Hewson che diventerà Bono, che perde la madre quando ha soli quattordici anni e dal punto più basso dell’esperienza cerca di risalire fino a conquistare il mondo. E ci riesce. Credo che la vita di Bono sia una storia incredibile che è ancora molto lontana dall’essere finita e forse ha ancora da rivelare le cose migliori.
In quale momento della loro carriera Bono & C. diventano la band più importante del mondo?
“The Joshua Tree” ha segnato per forza di cose la vicenda U2: 28 milioni di dischi venduti di cui 10 negli Stati Uniti con la conquista totale del mercato americano hanno cambiato per sempre la loro carriera. Da quel momento sono diventati loro la band a cui guardare. E in fondo ancora è così, ventitré anni dopo”.
L’Italia è uno dei Paesi più affetti da U2mania. Come lo spieghi?
La passione e la grande capacità del pubblico italiano a capire e a lasciarsi trasportare dalla loro musica sono i motivi principali. E anche una certa affinità tra l’indole italiana e quella irlandese. Il legame tra U2 e Italia è molto profondo, Bono è cresciuto ascoltando l’opera, passione di suo padre, e l’italiano è una lingua che lo ha sempre affascinato.
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